“La fine del noi come lo conoscevamo” di Roberta Calandra
“La fine del noi come lo conoscevamo”, l’ultimo libro di Roberta Calandra, (Porto Seguro Editore, pp. 362, euro 19) è un romanzo ambientato nel periodo segnato dalla pandemia da COVID-19.
Roberta Calandra, attenta osservatrice dell’animo umano, attraverso una scrittura transmediale crea dei veri e propri universi narrativi che ampliano e integrano l’esperienza del lettore fino a renderla totale. Undici personaggi, raccontati attraverso la sua lente di ingrandimento, vengono sottoposti all’analisi delle loro vite interiori e dei processi emotivi durante la recente crisi sanitaria. Gli stati d’animo, i moti interiori, le emozioni e le riflessioni dei protagonisti diventano il centro della narrazione. Questo romanzo entra nel quotidiano delle persone intimamente e rappresenta come una fotografia realista la quotidianità di chi, ognuno ha modo suo, ha cercato di affrontare lo sconcerto causato dall’impossibilità di scegliere.
Roberta Calandra ci porta per mano a una rappresentazione teatrale; in scena come un evento traumatico che dapprima scombussola la vita di ogni singola persona possa destrutturare le certezze importate fino a trarre un’energia, una capacità di resistenza e una voglia di cambiamento che non si era percepita fino a quel momento. La pandemia ha sconcertato allo stesso modo tutta la popolazione mondiale; di tutte le fasce d’età, condizione sociale e politica, un evento che non ha discriminato ma che ha sicuramente segnato un punto nella storia. Osserviamo tutti i personaggi di questo romanzo, principali e non, reagire ognuno con le proprie risorse, a volte con le risorse di chi gli è vicino.
L’autrice narra le storie di chi, in quel frangente, è riuscito a creare un legame intimo ritrovato che in alcuni casi ha letteralmente salvato la vita, a volte solamente l’equilibrio, di chi ha saputo restare in ascolto. Roberta Calandra, maestra nel descrivere l’anima umana, ci racconta l’equilibrio precario di ognuno di noi, di chi ha fatto buon viso a cattivo gioco e di chi ha trovato una escamotage per sopravvivere, nondimeno di chi non è riuscito a sopravvivere. Tutti questi personaggi sono legati tra di loro, in qualche modo. La ricerca li unisce, la liberazione dall’oblio. Ognuno cerca un modo di reagire. Il risultato è la scoperta di una connessione difficile da raccontare. La consapevolezza che esista una rete che ci collega a tutti, quella del sentire, che va al di là delle scelte razionali e permette ai personaggi qui narrati una ritrovata esperienza che sembra suggerire, ancor una volta, che l’amore debba fluire in tutte le sue forme.
Quello che sembra voler comunicare l’autrice è che questo momento drammatico vissuto abbia permesso una nuova possibilità di lettura, lontana dall’idea di collettività giuridica a cui siamo abituati, ma con un nuovo senso di comunità unita a un nuovo senso che possiamo dare alle nostre vite. Un messaggio che sembra voler passare qualunque sia il virus che affligge. Un segnale che sembra troppo debole per riuscire a sentirlo ma che arriva ai personaggi di questo romanzo, via via più chiaro e che ognuno di loro traduce nel linguaggio che gli è più consono. Il segnale più importante di tutti sembra essere quello che porta più vicini a se stessi e che permette di vedere quella rete, che con un filo invisibile, unisce.
Federica Scardino