La band romana Googa pubblica il nuovo singolo “Lupo Mannaro” – L’intervista
Googa è nome di una band nata nella provincia di Roma, tra Anzio e Nettuno; nel 2019 ha pubblicato il primo EP, dal titolo “Oblò” e l’11 maggio è uscita una nuova canzone, “Lupo Mannaro”. La band è composta da Francesco Siraco (voce), Eugenio Di Corinto (tastiere), Luca Brignone (basso), Alesandro Marroni (chitarra) e Francesco Marroni (batteria). Abbiamo fatto qualche domanda alla band per avere qualche notizia in più.
Il vostro nuovo singolo “Lupo mannaro” è uscito da poco, chi è per voi il lupo mannaro, quello che, come cantate, vive una vita senza regole, senza vertebre e “sempre e solo in branco”? Senza scordare che si tratta di un animale fantastico…
Tutti noi abbiamo un animale nascosto dentro, un essere libero e selvaggio. Il lupo mannaro che noi cantiamo, però, è stato addomesticato, ha vissuto tra gli uomini credendo di essere libero e quando si accorto che non era così era ormai troppo tardi, aveva dimenticato cosa significasse essere un lupo. Chiaramente è un gioco, una metafora, per raccontare il sogno di quelli che tra noi cercano una via di fuga senza sapere neanche da dove cominciare.
“Lupo Mannaro” come è nata? Non è passato molto tempo dall’uscita del vostro EP “Oblò” e questo brano è già un seguito (molto gradito).
Scriviamo sempre molto, spesso partendo da un`immagine. “Oblò” nasceva dalla voglia di mettere la testa fuori dal garage in cui scriviamo i pezzi, con “Lupo mannaro” abbiamo voluto aggiustare un po` il tiro, mettere una bandierina a dire “siamo arrivati fino a qui”. È un brano comparso una sera d`inverno davanti al fuoco, in quel momento dell`anno in cui fa freddo e piove a dirotto, l`estate sembra lontanissima e tutti gli impegni della vita quotidiana si fanno più pesanti. Abbiamo scritto questo pezzo per mettere a fuoco, e poi esorcizzare, questa sensazione.
La copertina del singolo vede cinque maschere, che rappresentano voi come band, quasi che siate una tribù indiana. Come è emersa questa idea?
Ci siamo sempre definiti una tribù, tuttiperuno e unopertutti, e avevamo voglia di rappresentare visivamente questa cosa. Una tribù è una piccola comunità con propri valori e proprie tradizioni e regole, noi ci sentiamo così prima di tutto come amici, ma ovviamente anche come band. Non siamo legati solo da un obiettivo comune, quello di cercare di scrivere bella musica, ma anche dal modo in cui farlo: insieme.
Quali sono i vostri prossimi progetti, non appena sarà possibile tornare un po’ di più alla normalità?
In questi mesi di quarantene e decreti abbiamo dovuto mettere in dubbio quelli che erano i nostri piani per il prossimo futuro, piani in cui al primo posto c`era sicuramente il suonare dal vivo. Il risultato è che ci siamo buttati di nuovo sulla composizione, sempre cambiando e cercando di migliorare, e stiamo scrivendo tantissimo. Senza accorgercene stiamo forse iniziando a lavorare sul nostro primo album.
Come è nato il nome Googa? Ho letto che avete partecipato a Spaghetti Unplugged e che da lì è venuto fuori questo nome, ma chi eravate prima? Sono curiosa della storia della vostra nascita ufficiale.
Sì, è nato per esigenza, negli open mic come Spaghetti Unplugged per poter suonare è necessario registrarsi su una lavagna e quindi bisogna avere un nome. Noi non avevamo mai suonato dal vivo e quindi eravamo senza. Così nasce Googa, la meno peggio delle ipotesi che siamo riusciti a tirare fuori. Poi ci siamo affezionati e ci piace l`idea di poterlo interpretare ogni volta sotto un aspetto diverso: un verso primordiale che dà il nome a una tribù, la storpiatura di “Google” che dà vita a un motore di ricerca che è ricerca interiore e esistenziale. Prima di essere i Googa siamo stati un tentativo, mancato, di tirare su un collettivo musicale con tanti altri musicisti e amici. C`era già un`idea di comunità, di fare musica insieme.
Nel vostro EP “Oblò” ci sono quattro brani inediti, quello che più mi ha colpito è “Sapone”, in cui si canta “le parole migliori stanno a galla a metà”, quali sono per voi queste parole e perché stanno a galla solamente a metà?
“Sapone” è una canzone che parla del fare i conti con le esperienze negative. È un`idea che ci portiamo molto addosso, non solo imparare dai propri errori ma anche evitare di fidarsi dei propri successi. Nella nostra musica è sempre in atto un processo di rivoluzione interna, una spinta distruttiva, perché crediamo che l`arte sia un po` questo, un lavoro continuo di ricerca e messa in crisi delle certezze. Le “parole che stanno a galla a metà” sono queste, parole che sembrano andare a fondo e poi risalgono, che sembrano venire a galla e invece affondano.
Roberta Usardi
Fotografia di Andrea Giuliani
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