“In exitu”: Roberto Latini torna al Teatro Vascello di Roma
Se Il cantico dei drogati di De Andrè fosse una pièce teatrale sarebbe “In Exitu” di Roberto Latini – in scena al Teatro Vascello di Roma fino al 5 Maggio – adattamento delle parole dell’omonimo romanzo di Giovanni Testori, che si miscelano con le musiche e i suoni di Gianluca Misiti e le luci di Max Mugnai.
Lo spettatore viene accolto da un palcoscenico ricoperto di materassi, separato dalla platea da una rete da tennis. Viene immediatamente da pensare che quella rete sia stata messa lì per proteggere il pubblico dalla potenza dei movimenti e delle parole di Latini, e questa idea non viene smentita.
Il protagonista dell’opera, Gino Riboldi, entra in scena claudicante e delirante, sorretto da un bastone che si trasforma alternativamente in siringa e megafono della sofferenza del personaggio. La sofferenza della tossicodipendenza, in una qualsiasi città del Nord Italia degli anni ’80, dove il personaggio vive e soffre, disprezzato dai molti che, anche nel donargli una moneta, hanno ritrosia ad allungargli la mano. Un disprezzo che il personaggio percepisce e patisce, portandolo a isolarsi ulteriormente e a cercare nella droga quella leggerezza che invidia ai lenzuoli che si muovono sullo sfondo mossi dal vento.
Con un linguaggio che oscilla tra il mistico e il dialettale, Gino accompagna il pubblico nel suo presente di tossicodipendenza e nel suo passato di bambino emarginato. Questo viaggio è affiancato da citazioni dai testi sacri, da improperi verso le persone che lo circondano e da ingiurie verso un sistema scolastico che non ha saputo accoglierlo, personificato nella maestra delle elementari. L’apice viene raggiunto nella descrizione di un Cristo morente e solo che non è altro che l’allegoria della vita di Gino, un lento e solitario viaggio verso la morte, a volte bramata e a volte rifuggita. E poi solo il buio.
Federico Frezzetti
Foto di Angelo Maggio