“Fellini metafisico. La riconciliazione tra sogno e realtà” di Monica Vincenzi e Luigi Casa
Dopo un volo turbolento, l’aereo che porta a bordo il violoncellista G. Mastorna, atterra in una piazza davanti a una immensa cattedrale di stile gotico, forse a Colonia. Mastorna, in seguito, viene accompagnato in un albergo, in una foresta, dove assiste a una danza del ventre che si conclude con il parto della danzatrice. Ritiratosi nella sua stanza, Giuseppe Mastorna vede al tg un servizio che racconta il tragico schianto di un aereo sulle montagne, che non ha lasciato sopravvissuti. Il servizio è in lingua tedesca e Mastorna non capisce, ma noi sappiamo che l’aereo è quello in cui viaggiava il nostro protagonista, che ora si trova in una sorta di limbo. Questa è la traccia delineata da Federico Fellini, il Maestro italiano del cinema mondiale, per il film sull’aldilà che lo ossessionerà per molti anni, ma che non filmerà mai. Solo molti anni dopo, grazie all’interessamento del giornalista Vincenzo Mollica, Fellini accetterà di trarne una storia a fumetti scritta e disegnata da Milo Manara. Il Maestro riminese, invece, rinuncerà definitivamente al progetto Mastorna, sulla carta il film più simbolico e metafisico della sua cinematografia, che di simboli e onirismo si è sempre nutrito, fin dal suo esordio del 1952 “Lo sceicco bianco”. A guidarci in questo viaggio nella mente fantastica del regista sono la pedagogista Monica Vincenzi e lo scrittore Luigi Casa ne loro corposo ma di agilissima lettura “Fellini Metafisico. La riconciliazione tra sogno e realtà” (Armando Editore, 2019, pp. 416, euro 23). Il saggio, dedicato a Fellini e a sua moglie e collaboratrice Giulietta Masina, si impegna a evidenziare l’aspetto metafisico della cinematografia felliniana, che anche dai primi film, più aderenti agli stilemi neo realistici, è impregnato di elementi simbolici fortemente caratterizzanti: il Maschile e il Femminile nella loro disunione iniziale che tentano, nel Viaggio simbolico interno alla storia, di riunirsi, ri-trovarsi al fine di ricostruire un’unità psicologica profonda e autentica, al di là delle convinzioni sociali. La chiave interpretativa utilizzata da gli autori è quella junghiana, che da un lato svela e definisce alcuni topoi della fantasia felliniana (pensiamo alla figura della Sirena, cioè del Femminile non libidicamente sviluppato che si presenta subito da “Lo sceicco bianco” a “I Vitelloni” a “La strada”, o al Maschile violento che ha come apice Zampanò de “La strada”, orco che approfitta della docilità delle due donne e del Matto, il personaggio più spirituale del film), dall’altro lato utilizza le sequenze dei film come esempi esplicativi di autoanalisi educativa.
“Fellini metafisico” è diviso per capitoli che analizzano ognuno un film in ordine cronologico della lunga carriera del regista riminese, dall’esordio, come dicevamo, del 1952 de “Lo sceicco bianco” (benché nel 1950 co-diresse Luci del varietà accanto ad Alberto Lattuada) fino al 1990, anno d’uscita del suo ultimo film, “La voce della Luna”. Nel mezzo, incredibili successi, uno più importante dell’altro. Una carriera iniziata col trasferimento da ragazzo a Roma per collaborare, come disegnatore e vignettista con i giornali umoristici dell’epoca e che di seguito si concentra sulla cinematografia, il campo adatto alla trasformazione e alla sublimazione del suo inconscio tumultuoso, in continuo divenire. “Fellini metafisico” ha il pregio anche di riportare numerosi aneddoti della vita privata del regista, che aggiungono preziose informazioni all’analisi filmica felliniana: come scriveva Calvino, “un classico è un libo che non ha finito di dirci quel che ancora ha da dire”, e i film di Federico Fellini sono libri aperti, tavole di sogni, illustrazioni che vanno ancora presi in considerazione per indicarci la via per la completezza del nostro animo.
Monica Vincenzi e Luigi Casa appassionano il lettore con un linguaggio semplice ma non semplicistico, ci accompagnano in un viaggio lungo, ci fanno attraversare numerosi fantasmi, spettri reali e immaginari, ci dicono di un aldilà che lo stesso Fellini ha temuto di affrontare direttamente col suo Mastorna, ma che, forse anche grazie a questa rimozione, ha segnato tutta la geografia della sua immaginazione.
Giovanni Canadè