“Autoritratti col bicchiere in mano”, dodici poesie al prezzo di un caffè. Intervista a Daryoush Francesco Nikzad
Abbiamo incontrato Daryoush Francesco Nikzad, autore e scrittore italo-iraniano di lunga esperienza a livello nazionale, che si è appena cimentato in un nuovo progetto “Autoritratti col bicchiere in mano”, dodici poesie inedite al prezzo di un caffè.
Un autore e scrittore di lunga esperienza a livello nazionale, tra cinema, teatro e poesia, chi è Daryoush Francesco Nikzad?
Uno che va in difficoltà alla prima domanda.
Dai, così non vale! Vorrà dire che lo cercheremo su internet (risata). Allora vado avanti… Dopo “Non scomodiamo Baudelaire” arriva l’ultimo progetto “Autoritratti col bicchiere in mano”, pubblicato da Tutto il nostro sangue Edizioni. Un piccolo opuscolo di dodici poesie al costo di un caffè. In cosa consiste questo progetto, quale è il suo scopo e come nasce?
Chiuso in casa, mi sono ritrovato a scrivere senza un disegno preciso, come spesso mi succede nell’ultimo periodo. Prima ero abituato a scrivere a progetto, soprattutto quando lavoravo in teatro. Oggi scrivo per necessità, per desiderio. Un giorno mi sono accorto che ogni volta che scrivo, c’è un bicchiere a farmi da specchio. Non che prima non ci fossero i bicchieri, ma li consideravo più degli amici o dei nemici. Alla fine ho racchiuso le poesie in un opuscolo e le ho pubblicate, semplice come bere un bicchiere.
Lo scopo? Vivere di poesia. Sostenere la poesia, e far capire che la poesia va sostenuta.
1€ è un simbolo, ha il suo significato; poi ognuno ne fa quello che vuole.
Come possono i social network, secondo te, contribuire a far conoscere la poesia, anziché decretarne in qualche modo la morte? Come si può salvare la poesia, “queste parole perse nell’etere”?
La poesia contiene già in sé la salvezza. Non saranno i social network a decretarne la salvezza o la morte. Ci sono sempre delle persone dietro quei dati, quelle parole trasmesse nell’etere. È sempre una questione che riguarda gli esseri umani. La salvezza è sempre una questione che si risolve da soli, dai tempi di Gesù Cristo.
La prima poesia somiglia a una resa. Una resa dinnanzi a ciò che accade nella vita. Una resa che ringrazia. Chi o cosa ringrazi? Cosa nasconde, in realtà, questa resa?
La resa è una forma di pace, di riposo; io cerco un riposo nella poesia.
Quindi ringrazio tutti, da chi mi è passato addosso a chi ha camminato al mio fianco.
Non nascondo nulla, non ometto nulla, non trascuro nessuno.
È una resa armata, sia chiaro. Ringrazio tutti, ma non salvo nessuno; me compreso.
È difficile convivere con i compromessi, continuare a scrivere parole di conforto. È difficile obbedire a ciò che la società impone, a ciò che questa vita ormai impone, “mentre scegliamo l’unica cosa che ci resta, noi.” Tu hai delle soddisfazioni all’interno del tuo micro mondo solitario? Riesci a guardare al futuro, senza distruggerti nel nome dei ricordi? Senza sentirti rubare il tempo?
Quante domande complicate riuscite a fare voi giornalisti, tutte insieme?
Raccolgo ancora delle soddisfazioni, piccole e quotidiane, altrimenti avrei fatto quello che fanno tutti i tormentati e i mal messi. A volte mi distruggo per cose molto più piccole di un ricordo, e mi sento rubare il tempo costantemente. Sono come un batterista distratto dall’ondeggiare delle anche di una donna; non so mai quale tempo seguire.
“Figlio della carta”, una meravigliosa espressione. Quanto tempo hai dedicato e dedichi alla scrittura?
Sempre troppo poco, sempre troppo poco; lo penso costantemente: dedico troppo poco tempo alla lettura e alla scrittura. Mi faccio distrarre facilmente dai vizi terreni e mi dimentico di santificare la letteratura.
“Conserva ogni bacio/ma non innamorarti mai delle sole labbra”, ogni incontro è tesoro per la nostra vita, un passo verso il domani. Quale è il tuo spiraglio di speranza? E quale il tuo istante di riposo?
Io non voglio spiragli, ma brecce di speranza. Non mi accontento più di nulla e accetto qualsiasi cosa. Ecco qual è il mio riposo, essere vigile nella disfatta.
Come copertina di questo progetto, hai scelto una foto di Domenico D’Alessandro. Quale è il suo significato?
Domenico è un mio amico fotografo che digerisce a stento la poesia. Anche la foto di copertina di “Non scomodiamo Baudelaire” è sua; scelgo le sue foto per i miei libri di poesia per infastidirlo. Non c’è nessun significato nella foto; è il risultato di quando ti fai troppi autoritratti col bicchiere in mano.
Questo progetto nasce durante la pandemia che, paradossalmente, per alcuni artisti è stato un periodo molto produttivo. Lunghi momenti di solitudine, di idee e pensieri. Cosa dobbiamo aspettarci prossimamente da Daryoush Francesco Nikzad?
Sto scrivendo parecchio; in realtà a tratti scrivo e molto più spesso cerco di sopravvivere. Sto scrivendo poesie, sto lavorando a una raccolta di racconti, a un testo teatrale, a l’opera ultima di uno scrittore dimenticato. Poi mi recrimino perché mi auto-compatisco, poi insisto perché non mi sento ascoltato, poi rispondo alle interviste e innalzo un altro bicchiere.
E noi lo alziamo insieme a te! Intanto ricordiamo il link dove è possibile acquistare “Autoritratti col bicchiere in mano” al prezzo di un caffè; e speriamo di rincontrarci o risentirci presto. Grazie e… Prosit!
Marianna Zito