A VOLTE CORRO PIANO: STORIE DI MUSICA E SUDORE
Lo confesso, tranne qualche piccola cosa che di certo non può definirsi sport, qualche tiro a pallavolo nella palestra della scuola o la partitina di calcio nella piazzetta del paese, non ho mai svolto alcuna attività sportiva; anzi, sino a oggi, avevo sempre guardato i runner mattutini, che mi sfiorano ansimando mentre aspetto l’autobus, con una certa aria di distacco, se non di compatimento. Ho usato il verbo al passato perché dopo aver letto il bellissimo libro “A volte corro piano” (Reverdito Editore, pp. 207, euro 19) di Patrick Trentini, la mia opinione sull’attività sportiva in genere e sulla corsa in particolare è radicalmente cambiata. E non mi dispiace aver perso quelli che io ritenevo “compagni di non sportività” cioè i musicisti, in special modo i pianisti; e mai avrei creduto che chi fa un mestiere che, per definizione, è di statica concentrazione, seduto a uno sgabello a inseguire melodie, potesse anche correre e avere per questa disciplina talento e amore, perché Patrick Trentini non solo è un ottimo sportivo ma anche un eccellente pianista. Mi accomuna a lui almeno una cosa, fortunatamente: l’amore per la parola, la scrittura, il riversare sui fogli emozioni, gioie, dolori. Eh, sì, perché Patrick Trentini è anche un eccellente scrittore.
Per qualche giorno ho lasciato il libro chiuso, sulla mia scrivania, quasi timoroso ad aprirlo per cominciare la lettura; poi l’ho aperto a caso per avere una prima impressione – non leggo mai le opinioni degli altri per non esserne in qualche modo influenzato – e ho letto una frase per me bellissima “…E infine Roma, la mia Roma, la storia che ti accoglie e ti perdona, il centro del mondo che si fa da parte solo per lasciarti passare…” Ho fatto quello che dovevo fare da giorni: ho inserito nell’impianto stereo il CD di musiche al pianoforte dello stesso Trentini, che accompagna il testo, e ho cominciato a leggere. Tutto il libro inonda della stessa meravigliosa sensazione che la frase scelta a caso mi aveva dato. La musica completa accompagna e rende ancor più vivi i momenti raccontati, i sacrifici, il sudore, la gioia della vittoria, l’amarezza della sconfitta; traccia i personaggi e li rende vivi e umanamente consapevoli di quella umanità fatta di mente e di cuore, di lotte, allenamenti, ore e ore e ore a macinare chilometri o a rincorrere dei suoni, che nascono dalla sapiente combinazione di tasti bianchi e neri, dita veloci che cercano l’armonia prima su di una tastiera Bontempi, poi su un grande meraviglioso, ingombrante e costoso pianoforte “a muro”e piedi che calpestano l’asfalto con la fatica che rende dolorante i muscoli vicini all’incubo del “crampo”.
Ho finito la lettura con la nostalgia di ricominciare, di rileggerlo per emozionarmi ancora e ringraziando l’autore di avermi insegnato, anche senza praticarlo, l’amore per lo sport in genere e per la corsa in particolare.
Francesco De Masi