“Sotto stretta sorveglianza. Tracce degli internati ebrei nell’alto Viterbese durante il fascismo”, il saggio storico di Antonio Quattranni
L’internamento dei “civili ritenuti pericolosi e che appartenevano a stati potenzialmente nemici” durante il periodo fascista toccò tutto il nostro territorio nazionale. Era una condizione punitiva che prevedeva o l’internamento “coatto”, una sorta di prigionia per i più pericolosi, o l’internamento “libero” per gli ebrei e gli stranieri di Stati nemici che si trovavano in Italia e che furono obbligati all’isolamento nei luoghi più svariati, con l’assegnazione di un sussidio per chi “non disponeva di mezzi propri”; infatti, sono state registrate testimonianze significative anche nei piccoli comuni, come quelli, ad esempio, dell’alto viterbese, se ne contano 32 tra il 1940 e il 1943.
“Sotto stretta sorveglianza. Tracce degli internati ebrei nell’alto Viterbese durante il fascismo” (Annulli Editore, 2020, pp. 129, euro 14) è il saggio storico in cui Antonio Quattranni narra la quotidianità di queste persone internate, il cui tempo era scandito da quelle norme che avvicinavano la maggior parte di loro, giorno dopo giorno, alla deportazione. Grazie ai documenti e ai faldoni degli archivi comunali dei paesi stessi, come Bolsena, Montefiascone e Acquapendente, l’autore è riuscito a raccogliere e a descrivere alcune di quelle testimonianze, anche se spesso la documentazione è risultata incompleta o frammentaria. Si parte da un quadro generale del periodo fascista, con tutta la burocrazia del caso, per poi l’entrare nel particolare di ciò che accade in queste zone situate in prossimità del lago di Bolsena; per narrare, infine, l’“esistenza nella quotidianità negata” a cui gli internati furono destinati. Dagli archivi di Bolsena, ad esempio, sono emerse le documentazioni di 61 persone internate appartenenti a diverse nazionalità. Fu promesso loro dal regime una condizione adagiata, ma ad alcuni di loro fu tolto il sussidio perché considerati benestanti; ricordiamo Levay Ferdinando, un ex italiano apolide, internato a Montefiascone “perché considerato di razza ebraica”; l’affascinante modella poco più che trentenne Catherina Koopman, non ebrea ma internata perché collegata ad ambienti antifascisti; l’artista Elisabeth Chaplin che appena arrivata presentò, come prima richiesta, una lista di libri.
Un’analisi storica che studia quelle persone a cui il regime ha tolto la quotidianità, violando la libertà personale, imponendo loro di vivere in uno spazio limitato, negando ogni possibilità di azione e a cui fu imposto l’obbligo di firma, il divieto di avere un lavoro per integrare il sussidio del governo e che diventa uno strumento importante per le scuole o per chi ha bisogno di integrare le proprie ricerche con approfondimenti e testimonianze reali. In appendice troviamo una serie di documentazioni, tra cui le Disposizioni relative al trattamento dei sudditi nemici internati. Decreto del Duce del Fascismo, Capo del Governo, 4 settembre 1940; il Manifesto degli Scienziati Razzisti “Giornale d’Italia del 14 luglio 1938 e altre normative inerenti le scuole.
Marianna Zito