Oggi esce “How beauty holds the hand of sorrow”, il nono disco di Ane Brun – La recensione
Oggi, 27 novembre, esce per Balloon Ranger Recordings “How beauty holds the hand of sorrow” il nuovo album di Ane Brun a meno di un mese di distanza dal precedente “After the great storm” (qui la recensione); queste due uscite ravvicinate ben compensano i cinque anni di attesa dal suo precedente lavoro in studio. La copertina di questo nono disco mostra la figura di Ane velata di rosso ed è quello stesso sottile velo a stendersi su ogni canzone, un velo poetico.
“How beauty holds the hand of sorrow” già nel titolo esprime il delicato concetto e fil rouge del disco, rispetto al precedente si tratta di canzoni intime e profonde, distanti dalle atmosfere più elaborate di “After the great storm”. Andiamo nel dettaglio dei brani, tutti delicati, evocativi e minimali, ma che arrivano senza alcuna fatica grazie anche alla voce limpida di Ane.
“Last breath” avvolge pienamente, come se si trattasse dell’ultimo respiro del titolo, un brano lento dominato dagli archi su cui la voce di Ane si staglia soave e si stupisce di come, e da qui il titolo del disco, la bellezza stringa la mano al dolore:“I held your last breath in my chest”.
“Closer”, primo singolo estratto, è un brano intenso, suonato con il solo pianoforte ad accompagnare la voce nella melodia a tratti orientaleggiante, in un testo in cui i momenti bui e la solitudine così come i momenti più luminosi possano avvicinare alla consapevolezza: “in the wide scope of loneliness try to fill that space, stretch out your arms, scratch the walls with your fingernails, so you can hear the sound of togetherness”.
“Song for thrill and Tom” è un brano semplice e luminoso allo stesso tempo, con cori evocativi e di grande effetto, in un testo che parla di un incontro, una storia d’amore: “it’s funny how things go, she said, I blind you, and you lead my way instead”.
“Meet you at the Delta” è un brano acustico chitarra e voce, che narra una storia inamovibile in cui l’unica certezza è l’attesa: “I will always be there waiting, but I can’t come with you, this is not my mission”.
“Trust” è il primo brano con la batteria, pur rimanendo lento; il testo ripone fiducia verso vita s verso l’altro: “and I throw myself into the open air, every particle will catch me therre like in a dream I trust in this, in you, in yes”.
“Gentle wind of gratitude” avvolge in un ritmo poetico per versi che incitano a credere in se stessi oltre che a racchiudere la gratitudine che è simile a un vento gentile “let your brave grow stronger than the pain that makes you lose your way” intimando che “a gentle wind of gratitude purifies a clouded mind”.
“Breaking the surface” è un brano chitarra e voce in un melodia fluida in un’atmosfera sonora misteriosa in cui rompere la superficie significa mostrare uno scopo: “there’s always more to share, the sword that never fails”.
“Lose my way feat. Dustin O’Halloran” è un brano intenso, con al piano il talento di Dustin O’Halloran, una canzone d’amore intensa: “I thought I’d be so lost, I thought that you’d be gone for me, I thought I’d lose my way to you”.
“Don’t run and hide” (piano version) riprende un brano di “After the great storm” in una versione minimale, ma di grande efficacia e impatto emotivo: “don’t run and hide, take a look outside, I’m here for you” e ancora “fear is a choice, a lonely exhile, it’s a cloud, dimming the landing lights”.
Questo disco porta alla luce la parte più profonda di Ane e può essere definito anche il completamento del precedente “After the grea storm”. Anche questo lavoro è di alta qualità con brani notevoli per un ascolto che si concentra sulle corde più sensibili di chi ascolta.
Roberta Usardi
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