Strauss all’Auditorium RAI: dirige Albrecht, Nguci al piano

La scorsa settimana, giovedì 20 e venerdì 21 febbraio all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, abbiamo avuto il piacere di assistere al concerto dell’Orchestra Sinfonica della RAI diretta da Marc Albrecht e con la pianista franco-albanese Marie-Ange Nguci. Il programma è dedicato a Richard Strauss.
Per prima è stata eseguita la Burlesca in Re Minore per Pianoforte e Orchestra (21’), del 1886. Tre anni prima il compositore tedesco, ventunenne, aveva iniziato una collaborazione con il duca di Meiningen (a metà strada circa tra Francoforte e Lipsia), e con l’Orchestra della sua corte, diretta da Hans von Bülow, a cui Strauss succedette nell’85. Era un periodo stimolante: conobbe Joahnnes Brahms e (grazie anche al violinista Alexander Ritter) si emancipò dagli schemi di Brahms stesso e di Schumann, per riscoprire le forme di Wagner e Lizst, e per le fine del secolo il suo stile era stato pienamente plasmato. La Burlesca, inizialmente presentata come Scherzo, venne rifiutata da von Bülow, ma questo non scoraggiò Strauss. L’opera è scritta per pianoforte solista accompagnato da una piccola orchestra ed è formata da un unico movimento, Allegro vivace, in forma sonata. La prima esecuzione è avvenuta il solstizio d’estate del 1890 ad Eisenach (cinquanta chilometri a nord di Meiningen), e sempre in quell’occasione venne presentata l’intrigante poema breve Morte e Trasfigurazione.
E per concludere è stata eseguita la Sinfonia domestica op.53 (44’), composta fra il 1902 e il 1903 ed eseguita per la prima volta il 21 marzo 1904, alla Carnegie Hall di New York. Lo Strauss del teatro musicale nascerà appena un anno dopo con Salomé. Questo lavoro racconta la famiglia del compositore, articolata in quattro movimenti: il primo è Bewegt (Mosso) per le presentazioni, con i temi del marito – comodo, sognante, focoso –, quelli della moglie Pauline – vivace e giocondo, e grazioso –, e il tranquillo del figlio Bubi.Il secondo è uno Scherzo di giochi infantili e felicità genitoriale; nel terzo, Adagio, si parla di lavoro e propositi, di amore, sogni e preoccupazioni; e per concludere una doppia fuga.
Davide Maria Azzarello
Fotografie di DocServizi-Sergio Bertani/OSNRai