“Romanzo d’infanzia”, una fuga teatrale per tutte le età

C’era una volta uno spettacolo che parlava di famiglie complicate, di genitori spaesati e bambini in difficoltà. Era il 1997: sorgeva il dominio google, aprivano i battenti di Hogwarts, il mondo stava per cambiare. Ventotto anni e centinaia di repliche dopo il debutto, Romanzo d’infanzia conserva la capacità di sorprendere chi è bambino, chi lo è stato, chi torna ad esserlo. Nato dal sodalizio artistico tra Michele Abbondanza, Antonella Bertoni, Letizia Quintavalla e Bruno Stori, questo piccolo gioiello teatrale fonde danza, prosa e musica, ed è recentemente andato in scena anche nella rassegna Scappo a teatro curata da CSC Centro Santa Chiara di Trento.
Tommaso e Nina sono due bambini che giocano, litigano, si alleano, ridisegnano insieme il confine tra realtà e sogno in attesa di diventare grandi. Nina fa mille domande al fratello, Tommaso porta la sorella sulle spalle cercando il bandolo della matassa; lei non si tira mai indietro quando Tommaso cerca di metterle paura, lui le tende sempre la mano nonostante le percosse e le punizioni “a fin di bene”. Sull’altra faccia del prisma, due adulti convinti di avere in tasca il libretto delle istruzioni, ignari che la vita è fatta più di tentativi che di certezze: si abbronzano volentieri alla calda luce della genitorialità, ma di fronte agli imprevisti mostrano un atteggiamento distratto e colpevolizzante.
Abbondanza e Bertoni passano con grande naturalezza dall’essere fratello e sorella a padre e madre, in una trasformazione costante che si intreccia con le musiche di Alessandro Nidi e la voce fuori campo di Silvano Pantesco. Corpo e parola, danza e racconto scorrono l’uno nell’altro, in uno spazio sospeso dove tutto è possibile, dove il gioco e il dramma coesistono senza contraddizione, grazie anche al disegno luci (curato da Lucio Diana) e ai costumi (Evelina Barilli). Questo inedito flusso, che affronta temi durissimi quali il disagio infantile e la violenza psicologica nei rapporti familiari, parla a tutti senza semplificare né infantilizzare, alternando allegria, tristezza, rabbia, desiderio di fuga.
Accanto alle notevoli capacità coreografiche degli interpreti, un ingrediente decisivo è la gestione del rapporto con il pubblico. Il dialogo diretto, gli sguardi complici, le domande lanciate in sala diventano una leva, una catapulta che proietta grandi e piccoli in quello che Marco Dallari definisce “un universo simbolico in cui ciascuno degli spettatori può scoprire che la storia è scritta e messa in scena per lui” (Il destino della crescita, tra i contributi inseriti nel volume Romanzo d’infanzia a cura di Letizia Quintavalle, Grisbi Edizioni). La rottura della quarta parete, che altrove viene ridotta a espediente un po’ ingenuo, qui diventa un gesto serio e divertente, capace di rinnovare il patto tra scena e platea. Non si tratta cioè di trasmettere un messaggio dall’alto verso il basso, ma di costruire una relazione autentica, un linguaggio condiviso per affrontare insieme le stesse domande. Così emerge la consapevolezza che la distanza tra adulti e bambini non coincide con l’età anagrafica, ma con la qualità delle storie che sappiamo attraversare. Il pubblico comprende allora che non sta assistendo a una fiaba contemporanea un po’ stravagante, ma a un rito di memoria collettiva: il riconoscimento di ciò che siamo stati e la possibilità di ritrovarci in quel diamante che, pur segnato da graffi e incrinature, continua a brillare.
Visto al Teatro Sociale di Trento, domenica 2 novembre 2025.
Pier Paolo Chini








