“PATOLOGIE” DI ZACHAR PRILEPIN
“Patologie“ (Voland, pp. 288, 2011, euro 15) è l’esordio dello scrittore e giornalista Zachar Prilepin (Novgorod, 1975), redattore della “Novaja Gazeta”, lo stesso giornale sul quale scriveva la nota giornalista Anna Politkovskaja, uccisa a causa delle sue indagini sui crimini commessi nella guerra di Cecenia. E in Cecenia lo stesso Prilepin – dal 1996 al 1999 – fu sotto le armi, arruolato negli OMON, il Reparto di Polizia per Missioni Speciali che integrano le operazioni dell’esercito russo. Prilepin è noto in Patria anche per la sua dissidenza al regime di Putin.
In guerra, Prilepin afferma di non aver mai ucciso nessuno. Diverso è il caso del protagonista del suo romanzo, Egor Taševskij, che, anche lui arruolato negli OMON, viene spedito coi commilitoni, semplici ragazzotti russi di provincia che prendono parte a una guerra della quale non ne capiscono il senso, in una Groznj sventrata dai bombardamenti e polverosa, in aule scolastiche adibite a quartier generale dei militari. Il prologo ci porta subito al centro dell’altro territorio di guerra del romanzo: la vita interiore di Egor, preda di paure e ossessioni. La morbosa gelosia verso la sua fidanzata Daša è segnata dalla patologia: le precedenti relazioni sessuali confessatele dalla ragazza mettono in crisi Egor, che tenta di resistere alla violenza delle sue reazioni. E così le altre relazioni, i rapporti affettivi, non sono anch’essi una zona franca. Morboso è il rapporto con la cagnolina Daisy, in una ossessione quasi infantile. Ma patologico è, metaforicamente, l’interesse della Russia a non concedere l’autonomia al territorio ceceno.
L’operazione di Prilepin risulta riuscita, allora, da un punto di vista puramente letterario e simbolico. Se tutto il romanzo, nel presente, è la narrazione dell’operazione di guerra, in cui i commilitoni perdono la loro individualità storica per divenire figure anch’esse, quasi simboliche attraverso l’uso dei soprannomi (ricordiamo, tra i più riusciti, il soldato chiamato il Monaco che, durante le battaglie sanguinarie e insensate, cerca di provare a tutti l’esistenza di Dio), il narratore Ergon ci porta, in flashback quasi cinematografici, a ripercorrere i punti salienti della sua vita; come quando, immobilizzato sul tetto di una scuola per sfuggire ai cecchini, ripercorre il suo rapporto col padre pittore, punto di riferimento e prematuramente scomparso per un infarto, lasciando il piccolo Ergon gonfio di una rabbia inespressa, se non in un solo momento, il giorno dopo il funerale, con una scritta blasfema lasciata sul muro di casa. L’alternarsi di passato e presente crea una lettura dinamica, appassionante e cruda. Sebbene le immagini evocate siano quasi cinematografiche per la loro chiarezza, la narrazione non lascia mai il passo alla nudità delle immagini, bensì viene esaltato uno spirito letterario che avvicina Prilepin, già in questo esordio, ai più importanti scrittori russi contemporanei.
Tutti i romanzi di Zachar Prilepin sono pubblicati in Italia dalla Voland nella collana Sìrin.
Giovanni Canadè