“Munch. Il grido interiore”: la meravigliosa mostra a Roma

“Era pomeriggio, poco dopo le due, Karl Johan brillava dei colori invernali, il sole splendeva sulla neve bianca, la banda suonava nel gazebo, le note riempivano l’aria, i marciapiedi su entrambi i lati erano neri per la moltitudine di persone, in mezzo la strada era larga, bianca splendente alla luce del sole”. – “La bohème di Kristiania” di Hans Jæger (Lindau, 2021)
La mostra di Munch al Palazzo Bonaparte di Roma – curata da Patricia G. Berman, affiancata dallo storico dell’arte Costantino D’Orazio – è un viaggio ampio, completo e prezioso che porta a scoprire a pieno la vita e l’animo di questo grande esponente simbolista dell’Ottocento, nonché precursore dell’Espressionismo. Il ricco prestito arriva dal Munch Museum di Oslo, dove sono custodite gran parte delle opere dell’artista norvegese, grazie al quale, fino al 2 giugno 2025, si potranno ammirare i suoi capolavori: cento opere, suddivise in sette sezioni, che permettono di ripercorrere tutta la vita e la carriera di questo grande Maestro scandinavo, dalla sua produzione al suo percorso umano, tra cui le iconiche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901), Danza sulla spiaggia (1904), nonché L’Urlo (1895) in una delle sue versioni litografiche.
La sua vita è una continua creazione di lasciti: stampe, dipinti e migliaia di scritti pronti a serbare nel tempo tutte le sue percezioni interiori, che arrivano a noi in modo disturbante, ma al tempo stesso prorompente e armonioso, dandoci la possibilità di vedere e sentire adesso attraverso i suoi occhi e il suo animo di allora, “non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto”, con una particolare attenzione a immagini, suoni, colori e vibrazioni della natura. Con Munch le emozioni prendono colore: si mescolano per rappresentare l’angoscia, il dolore, la morte, la malattia e la follia e tanti altri stati d’animo. Si possono ammirare La morte nella stanza della malata (1893) o ancora La morte e la primavera (1893), posizionata suggestivamente in una nicchia all’interno della mostra, Lotta contro la morte (1915): opere in cui le persone sono sole pur trovandosi all’interno di un gruppo, volti che ci guardano dritti negli occhi trasmettendo tutta l’angoscia e la solitudine del momento doloroso che stanno vivendo, caratteristica che troviamo, all’interno di questa immensa esposizione, anche nella sorprendente opera Danza sulla spiaggia (Fregio di Linde) (1904) oppure nella significativa tela Due esseri umani, i solitari (1899).
Parte sì da una formazione artistica accademica Edvard Munch, ma per arrivare, in seguito, a tecniche che gli permetteranno di cogliere l’essenza dell’anima e di imprimere i ricordi; ciò accadrà soprattutto grazie all’unione con un gruppo artistico e letterario anarchico norvegese, il Kristiania Bohéme, che contribuirà alla crescita a alla maturazione delle sue idee interiori. È questo un movimento politico e culturale norvegese del 1880 focalizzato a Kristiania, l’odierna Oslo. Figura centrale del movimento è Hans Jæger, scrittore, filosofo e attivista politico anarchico, amico di Edvard Munch, che fu anche soggetto di uno dei suoi quadri, disegnato velocemente nella stanza in affitto di uno degli amici del pittore. I Kristiania Bohemians erano artisti appartenenti al periodo del Naturalismo, che puntavano, con enfasi di sentimenti, verso un nuovo periodo letterario, il Neo Romanticismo. A rappresentare questo periodo troviamo Il circolo bohémien di Kristiania (1907), Il circolo bohémien di Kristiania II (1895) e ancora Dal Viale Karl Johan (1892), strada principale di Kristiania. Tra tutti i suoi percorsi, Munch arriva anche in Italia per la prima volta nel 1899 con la sua amata Tulla Larsen, dove instaurerà rapporto stretto con il nostro Paese, dedicandosi allo studio dei lavori di Michelangelo e Raffaello. Momento importante è la visita alla tomba dello zio Peter Andreas Munch, celebre storico norvegese, sepolto nel cimitero acattolico di Roma, così come ci mostra il riconoscibilissimo luogo nel dipinto La tomba di P.A. Munch a Roma (1927).
Non manca la teatralità nelle opere di Munch: sono drammi emotivi che si presentano ambientati e allestiti all’interno di scenografie teatrali, ed è ciò che nota Max Reinhardt, quando, nel 1906 decide di commissionargli la creazione di schizzi emotivi per la messa in scena di un’opera teatrale di Henrik Ibsen, da cui Munch era profondamente influenzato; possiamo, infatti, ammirare Bozzetto per la scenografia di fantasmi (1906). Avvolgente e toccante è la sezione Il fregio della vita, che riunisce alcune delle tele molto evocative che vanno a comporre questa sua serie dai temi morte seduzione amore e rinascita, parliamo di La voce (1893), Il bacio (1893), Vampiro (1893-94), Malinconia (1891-93), Disperazione (1894) e una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895). Meravigliose le versioni di Madonna (1895-1902) oppure Donna che fa l’amore, raffigurante una donna dalla bellezza celestiale che è il punto di partenza di questa serie che è definita un connubio di dottrina cristiana, sessualità e biologia
“Munch. Il grido interiore” vi riempie gli occhi e l’anima. Uscirete da Palazzo Bonaparte con un tumulto di colori ed emozioni assordanti, che vi rimarranno addosso per molto tempo.
Marianna Zito