Mar de Molada in anteprima al 73°Trento Film Festival: dal progetto di Marco Paolini al documentario di Marco Segato

Raccontare ciò che sta a monte dei nomi sulla mappa e delle linee rette che contraddicono le anse fluviali, unire con un sentiero i diversi punti di osservazione in modo da dare allo sguardo la possibilità di soffermarsi sugli elementi del paesaggio con la stessa concretezza del respiro di chi cammina su un pendio; raccogliere ciò che si trova lungo il percorso che da ieri porta a oggi, per conservarne memoria e al contempo seminare il domani. Sotto il titolo Mar de Molada scorre, con carsica perseveranza, un dittico: da un lato il progetto di teatro campestre ideato e realizzato da Marco Paolini nell’autunno del 2024, dall’altro il documentario diretto da Marco Segato che lo scorso 26 aprile è stato presentato in anteprima al 73° Trento Film Festival.
Lo spettacolo ha preso forma tra settembre e ottobre, in quattro tappe all’aperto lungo il bacino del Piave: dai piedi della Marmolada (Malga Ciapela, in provincia di Belluno) all’estuario del fiume (Vallecchia di Brussa, in provincia di Venezia), passando per Sospirolo e Grave del Montello (Treviso). Una struttura teatrale flessibile, a steli folti, che mette in dialogo narrazione e coro, eredità culturale dei luoghi e sguardo scientifico, grazie anche all’intervento diretto di esperti quali, ad esempio, il geologo Emiliano Oddone e il Commissario Nazionale per la crisi idrica Nicola Dell’Acqua.
“È stato teatro campestre, corale e vigile, con un messaggio di presa in carico dei fiumi e delle falde della Regione. Continueremo a occuparcene con La Fabbrica del Mondo. Il nostro prossimo passo sarà l’Atlante delle Rive ne parleremo presto”. (Marco Paolini)
Il regista Marco Segato restituisce con sguardo attento e discreto il processo creativo e di ricerca dietro il progetto – “la fase più sfuggente, che è anche quella più stimolante e interessante, dove emergono tutti i vicoli ciechi, le riprese, le cose nel loro svilupparsi” – ne racconta l’atmosfera seguendo la realizzazione scenica e il confronto con il pubblico, di tappa in tappa. Ma va oltre, intrecciando una narrazione ulteriore che alterna interviste e approfondimenti ai silenzi e ai colori dei luoghi, per mettere a fuoco il rapporto tra uomo e territorio: tendiamo a dimenticare gli interventi passati fino a non saper più distinguere ciò che è incontaminato dai risultati dell’antropizzazione. Secoli e secoli di riconfigurazioni del paesaggio per adattarlo alle nostre esigenze e di sfruttamento intensivo e irresponsabile delle risorse (in particolar modo quelle idriche) ora presentano il conto, e ciò è ulteriormente aggravato dai numerosi effetti del cambiamento climatico. Si tratta allora di ripartire dalla conoscenza del territorio, dalla memoria di cui ogni ruscello, ogni argine, ogni prosciugamento è traccia.
Come ha sottolineato lo stesso Paolini nel talk che ha seguito la proiezione al Supercinema Vittoria di Trento, né lo spettacolo né il documentario vogliono alimentare un sentimento di nostalgia o di arrendevole fatalismo, bensì spingere il pensiero e l’azione alla ricerca e/o alla riscoperta di soluzioni pratiche per non farci trovare, nel futuro prossimo che è già in fieri, costantemente impreparati e in balia di una sequenza interminabile di sterili “emergenze”. Questa urgenza va unita ad un atteggiamento laico (cioè non schierato a priori pro o contro) di fronte alle scelte: calcolare di volta in volta il bilancio di costi e benefici, al netto di una quota non negoziabile di sacrifici. Perché il cambiamento è feroce, e dobbiamo prendere atto che alcune delle cose a noi più care non sono, o non saranno più, le stesse di prima.
Il film arriverà nelle sale italiane da martedì 6 maggio 2025. Maggiori dettagli e informazioni sul sito www.jolefilm.com/film/mar-de-molada/
Pier Paolo Chini