Le “Trame” interiori di quattro donne svelate al Politeatro di Milano

Il sipario di apre e piano piano entrano quattro donne, e ognuna porta con sé, a suo modo, una sedia. Prima di sistemarsi su quella sedia, da qualche parte sul palco, il gruppo perlustra lo spazio, con movimenti flessuosi. Hanno qualcosa in comune quelle quattro donne, al di là della lunga veste bianca che le ricopre, ma non è ancora ben chiaro cosa sia. Quando iniziano a dialogare ci si chiede dove si trovano, che lavoro svolgono, come si chiamano. Ed è proprio il nome il primo punto misterioso: non lo dicono, si chiamano con un numero identificativo, e ci si chiede se siano delle carcerate, ma intorno a loro non ci vedono sbarre. Si dedicano al cucito e al ricamo, e ci si chiede se siano sarte, ma ancora una volta non è quella la risposta esatta. Chi sono quindi?
Si denota, in ciascuna di loro, una diversa forza, che le porta a confrontarsi sul fatto di essere riuscite o meno a diventare madri, come se fosse quello il massimo obiettivo nella vita di una donna: così discutono vivacemente, quasi in competizione, su quante vite abbiano visto la luce dai loro ventri e quante invece sono andate perse. L’essere madre è un requisito imprescindibile per sentirsi donna? Ognuna porta alle altre la propria esperienza di vita, e poco a poco, a turno, si scoprono, si rivelano, si mettono a nudo, senza mezzi termini. Tre di loro scoprono di essere artiste, e forse proprio per questo indossano, sopra la veste bianca, lo stesso grembiule marrone. Ma l’altra, la quarta, ha un grembiule azzurro… non è un’artista, quindi? No, non lo è, anzi, è una donna che deride le altre perché si definiscono “artiste”, appare molto sicura di sé, delle sue scelte, del suo ruolo e del fatto di essere la madre di un figlio meraviglioso.
Eppure, le storie (o forse meglio “trame”) delle quattro personalità in scena sono ben più fitte, intricate e dolorose di quello che sembrano. Quanto le artiste donne sono effettivamente compatibili con il mondo dell’arte? Quali e quanti sacrifici si è disposte a fare per la propria vita, il proprio amore, la propria reputazione?
“Il potere, quando non dà vita, uccide.”
Le risposte, e forse molto di più, si possono trovare in questo emozionante spettacolo, dal titolo “Trame”, di Silvia Bragonzi e Ketty Capra, con la drammaturgia di Ketty Capra, andato in scena al Politeatro di Milano il 9 e il 10 aprile per la rassegna “A tutto palco”. La regia di Silvia Beillard, molto dinamica, ha saputo esaltare al meglio le quattro bravissime attrici in scena: Cinzia Brugnola, Ketty Capra, Laura Carroccio, Maria Carolina Nardino.
Quattro donne che a poco a poco ritrovano la propria identità e si scontrano con una realtà cruda e senza pietà. Non c’è scampo, non si può fuggire. Ma grazie a questo scontro, in un climax e un finale da brividi, il legame tra loro diventerà più forte.
Molto bello il testo, regia splendida, attrici in perfetta sintonia. Uno spettacolo da non perdere.
Roberta Usardi