“Le parole d’ordine” di Andrea Dei Castaldi
“Ciò che ci guida in ogni momento, che ci comanda”, spiega Domenico, “è quanto noi diciamo di noi stessi, dei nostri bisogni, dei nostri desideri, ogni uomo ha bisogno di un dio personale, a ognuno occorre un compito, una patria, dei figli, una speranza, qualcosa per cui valga la pena vivere”. “Le parole d’ordine”, Andrea Dei Castaldi
“Le parole d’ordine” è un romanzo essenziale, “Le parole d’ordine” è un romanzo ricco. “Le parole d’ordine” (Barta, 2024, pp. 180, 13 euro) di Andrea Dei Castaldi, è un romanzo intenso che racconta, racchiuso nel giro delle persone, dei luoghi, di un paese, il senso della vita. Questo romanzo, con tratti a volte essenziali, narra l’esperienza di Oreste e dei suoi amici nella dimensione storica della guerra, nella realtà geografica che divide, per origini, esperienze e necessità i protagonisti, prima di riunirsi, grazie alla visione altra della giovane Olga. Grazie a questo ultimo incontro assistiamo al dopo, non quanto di drammatico accade, ma come andare avanti.
Questo romanzo tratta della natura umana e di come ognuno abbia bisogno delle proprie “parole d’ordine”, ovvero qualcosa di definito e sempre vero, dal quale non si debba prescindere, una specie di codice interiore. Un romanzo storico, di formazione, sentimentale, di ispirazione religiosa? Forse tutte queste cose, e molto di più. Il racconto scorre come una spoletta sul telaio; i fili dei personaggi dei quattro personaggi, tesi come linee parallele, narrati nell’arco della loro vita, si intrecciano per tornare poi ognuno verso il proprio cammino. Il risultato di quanto definito, il tessuto, è rappresentato da ciò che sono diventati alla fine del loro percorso, quello che ne hanno fatto di quei fili. Un intreccio tra il passato e il presente, tra il remoto e il prossimo. Quel tessuto segnato dall’amicizia della relazione che hanno creato durante la guerra, e che che li porta a riunirsi, ormai vecchi, grazie alla nipote di uno di loro, forse il protagonista di tutto il romanzo: Oreste. Un personaggio enigmatico, trascendentale quanto esemplare. Una bussola. Intorno a lui si ritrovano. È quanto accadrà anche agli altri protagonisti di questo romanzo, che ci porta avanti e indietro nell’arco temporale delle loro vite creando un tutt’uno. Come se la linea temporale, nella grande e più ampia visione, non abbia molto senso se non ciò che ci ha portato ad essere, chi siamo, e a credere in ciò che crediamo. La delusione, il mettere in discussione tutto quanto si era creduto fino ad allora e tornare ancora a credere, questo è il messaggio che si lascia l’autore. La nipote di Oreste, giovane anch’essa, in qualche modo delusa nei sentimenti ma non ancora pronta a lasciare andare la speranza: sarà lei il filo conduttore che riuscirà a ricomporre quel telaio regalando a tutti e tre la possibilità di rivedere i propri traumi, per ricostruire senza dimenticare, ciò sé che credevano perduta irrimediabilmente.
Un romanzo in cui si parla di fede, non intesa solamente nella sua accezione religiosa o spirituale, ma in tutte le sue declinazioni. A volte in forma di porta fortuna, o di talismano, a volte come una sfera di cristallo, ma comunque venga rappresentata, si tratta di una necessità, qualcosa per andare avanti, qualcosa di indispensabile per vivere. I protagonisti di questo romanzo sono persone che provengono da esperienze e culture diverse, unite dallo stesso trauma della guerra, ma non solo. Dietro ogni personaggio c’è la propria storia personale, le proprie speranze, i dubbi e le paure. Ognuno di loro trova le proprie parole d’ordine, le proprie preghiere per andare avanti, per spiegare l’incomprensibile. Questo sembra volerci dire Andrea dei Castaldi: anche quando non sembra esserci una speranza, si può appellarsi a qualcosa per non rinunciare a sopravvivere. Oreste, Stefano, Domenico e Olga si muovono su una linea temporale unica che si muove avanti e indietro alternando al presente numerosi flashback, che vedono Oreste ed i coprotagonisti della vicenda nei periodi più salienti della propria vita. Conosciamo così ad episodi chi sono e come sono giunti fino a noi. Navighiamo nelle loro memorie nel mare del prima, della guerra: la Libia, il deserto, i campi di prigionia in India, la Resistenza, e poi, il difficile ritorno alla normalità dopo la guerra. Una memoria importante, dunque, quella della guerra. L’occasione di narrare di un periodo della nostra storia ancora poco raccontato. Una figura, Papa Paolo I, ancora avvolta nel mistero. Ma, soprattutto, un evento che accomuna tutti gli uomini che vi hanno partecipato mettendo tutti, senza distinzioni, di fronte alle proprie risorse. La guerra, nella sua brutalità, cancella violentemente il quotidiano e tira fuori il meglio e il peggio dalle persone.
Forse Andrea Dei Castaldi voleva raccontare questi estremi, mostrando come, quando la realtà viene sventrata e i punti fermi divelti, sopravvive chi trova la propria legge interiore, le proprie parole d’ordine.
Federica Scardino