“La morte a Venezia”: Lo sguardo libero e originale di Liv Ferracchiati sul capolavoro di Thomas Mann

“Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”
[Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen.]”
Ludwig Wittgenstein
È da Wittgenstein, prima ancora che dal Thomas Mann, il cui noto romanzo – “La morte a Venezia” – dà il titolo a questa “libera interpretazione di un dialogo tra sguardi”, che bisogna partire per comprendere e lasciarsi catturare dall’originale percorso scenico di uno spettacolo capace di combinare diversi linguaggi: parola, danza, video, suono e luce. L’intero apparato scenico infatti, nella sua implacabile essenzialità espressiva multimediale, sembra volersi disperatamente votare alla ricerca di una rappresentazione dell’ossessione del protagonista del romanzo breve di Thomas Mann che sia capace di andare “oltre la parola”.
“I limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo”.
[Die Grenzen meiner Sprache bedeuten die Grenzen meiner Welt.]
Ma è proprio ciò che non si conosce, ciò che non si può dire, quello che importa davvero e che tormenta e lega Gustav von Aschenbach (Liv Ferracchiati) a Tadzio (Alice Raffaelli), magnetico corpo danzante che lo stesso Liv Ferracchiati segue, inquadra, scruta, e noi con lui, attraverso la sua foto-videocamera. Si percepisce il dolore, sottile e profondo, del desiderio inappagato, l’irraggiungibilità di di quella fragola tentatrice che noi spettatori per primi non troviamo all’inizio il coraggio di assaggiare (e chi conosce la fine del protagonista raccontato da Thomas Mann sa quanto talvolta cedere al desiderio possa avere conseguenze letali); ma se il dialogo attraverso il linguaggio è negato, non per questo lo è un altro tipo di contatto, in qualche modo anche più profondo.
“Nulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo”
Thomas Mann, “La morte a Venezia”
Riprendendo le parole di Josif BrodskiJ, siamo consapevoli che “la bellezza ci può trafiggere come un dolore” e “scoppiarci dentro” finché, come il protagonista interpretato da Liv Ferracchiati, ne siamo infine sopraffatti.
“In questa città si può versare una lacrima in diverse occasioni. Posto che la bellezza sia una particolare distribuzione della luce, quella più congeniale alla retina, la lacrima è il modo con cui la retina – come la lacrima stessa – ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza.”
Josif Brodskij
A. B.
Fotografia di Tommaso Le Pera
Piccolo Teatro Studio Melato (15-25 maggio 2025)
La morte a Venezia
libera interpretazione di un dialogo tra sguardi
ispirato a La morte a Venezia di Thomas Mann
drammaturgia e regia di Liv Ferracchiati
con Liv Ferracchiati e Alice Raffaelli