“La Distance”: la parabola intima e politica di Tiago Rodrigues al Teatro Mercadante di Napoli

“La Distance”, scritto e diretto da Tiago Rodrigues, arriva in prima nazionale al Teatro Mercadante di Napoli dal 22 al 24 ottobre 2025, in una apertura di cartellone “col botto”. Dopo il debutto al Festival di Avignone, lo spettacolo – con protagonisti Adama Diop e Alison Dechamps, la traduzione di Thomas Resendes, e sottotitoli italiani di Chiara Elefante — conferma la mano ferma e visionaria del drammaturgo portoghese. Tiago Rodriguez esplora le conseguenze delle nostre azioni così come la possibilità di comunicazione tra generazioni, attraverso due temi portanti: la distanza e la speranza.
Nel 2077, una figlia parte per Marte per contribuire alla costruzione di una nuova società fondata sull’uguaglianza. Il padre, rimasto su una Terra devastata da catastrofi ambientali e morali, tenta di ristabilire un contatto con lei attraverso una serie di messaggi vocali. Il dialogo è asincrono, voci che si disperdono nello spazio-tempo disegnano un legame struggente, nell’allegoria microscopica di questioni di monumentale urgenza. Rodrigues parte da una premessa fantascientifica per costruire una parabola intima e politica. “La Distance” è un racconto su lontananze e vicinanze, sulle visioni del futuro, ed una metariflessione sul linguaggio, sulla possibilità — o impossibilità — della comunicazione. La distanza tra padre e figlia diventa la distanza tra generazioni, tra mondi, tra chi resta e chi parte. Il tema dell’allontanamento porta in sé molti altri richiami: la separazione, la perdita, l’oblio. La progressiva perdita di memoria della figlia ricorda il decadimento mentale dell’Alzheimer, che colpisce in modo diverso il paziente da chi gli sta intorno, in un processo progressivo e inesorabile. L’allontanamento imposto rimanda al tema del lutto nelle separazioni coniugali, quando uno dei due se ne va e lascia l’altro, ancora innamorato e spiazzato, a raccogliere i pezzi di una storia in cui era protagonista e ora neanche comparsa. E la presenza “assente” della figlia incomunicabile, a cui il messaggio spedito non si sa se arriverà, mi ha evocato la comunicazione impossibile con i malati in coma, vivi ma assenti. E tuttavia, proprio nello spazio vuoto che si crea, nasce un avvicinamento inatteso. I due sono sempre stati poco sintonizzati nel proprio rapporto, frequentandosi anche poco, vivendo già a chilometri di distanza. Ma con la possibilità di vedersi, all’occorrenza, sapendo che l’altro in qualche modo e in qualche luogo è contattabile. La distanza definitiva crea un legame intenso dove non c’era, ne fa emergere la densità.
Un palco rotante si suddivide tra Terra e Marte, due emisferi che si inseguono senza mai toccarsi, come corpi celesti in orbita. L’aridità deliberata della struttura scenica si bilancia con un uso imponente della musica e della voce. L’ambientazione ha i tratti distopici di un mondo dove la lotta tra bene e male è sempre più forte, segnata da un assedio perenne a discapito dei primi. La Terra è un luogo malato, sconvolto dal cambiamento climatico: il mare è infestato da meduse, il pescato è tossico, gli ospedali sono al collasso. In questo pianeta degradato e nella rarefazione delle parole si apre lo spazio della speranza: quella del padre che continua a parlare, e quella della figlia che, pur andando incontro all’annullamento di sé, tenta di immaginare un mondo più giusto. La speranza di chi resta viene coltivata nel proprio giardino, nella lotta quotidiana. La speranza di chi parte è nel sogno, rincorso anche a costo di un annullamento del sé precedente (forse imprescindibile, per raggiungere un ideale così alto?). Rodrigues ci invita a interrogarci su cosa resta — della memoria, della storia, delle relazioni — quando tutto il resto si consuma. E ci ricorda che la distanza, se attraversata con amore, può diventare una forma più alta di prossimità.
Brigida Orria








