Kidd Pivot e il gioco dell’identità: sogni e disincanti in un mondo che si sgretola

Un corpo giace sul pavimento, piegato su se stesso in più punti, come un bigliettino scivolato di tasca dopo una riunione lunga e inconcludente. Non è un cadavere, dorme – sogna, forse – circondato da una quiete che sa di caffè solubile, acari della ruggine e lampadine fulminate. Così ha inizio Assembly Hall, lo spettacolo della compagnia canadese Kidd Pivot coprodotto da CSC Santa Chiara e giunto di recente sui palcoscenici di Bolzano e di Trento in prima nazionale. Un allestimento in v.o. con sopratitoli in italiano, drammaturgia di Jonathon Young e regia di Crystal Pite, che firma anche la direzione coreografica. Ci troviamo in uno di quei non-luoghi di servizio tipici del Nord America, nei quali coesisono varie attrezzature da sport, un palcoscenico con tanto di sipario di velluto rosso, tavolini da buffet e tutto ciò che occorre per tenere una conferenza oppure una dimostrazione di prodotti. Uno spazio per tutti gli usi e, allo stesso tempo, un’arida terra di nessuno. Uno spazio che coincide con la sagoma di Dave (Gregory Lau nelle repliche al Teatro Sociale di Trento).
Dave è il corpo accartocciato in mezzo alla sala: vivo, ma incapace di mettersi in moto da solo; cosciente, ma smarrito tra pensieri e preoccupazioni; fa parte di un’associazione dal nome aulico, medievaleggiante, che tra quelle pareti fatiscenti ha la propria sede. Dave è un pesce fuor d’acqua, non ha il carisma di Shaun (Riley O’Flynn) né l’intraprendenza di Gail (Jennifer Florentino) o di Bonnie (Rena Narumi), e alle riunioni non prende la parola con lo stesso entusiasmo di Woody, Boyd, Mae e Glenda (rispettivamente Brandon Alley, Rakeem Hardy, Ella Rothschild, Renée Sigouin). Gli altri si ricordano di Dave solo quando c’è un compito noioso, oppure serve un voto in più. Ora, data l’assenza di nuovi soci, il comitato ha di fronte a sé un bivio: organizzare ancora una volta la tradizionale “Quest Fest” oppure rinunciare in partenza; resistere, oppure sciogliersi. Dave, suo malgrado, è l’ago della bilancia. Di fronte al suo ostinato rifiuto di schierarsi a favore o contro, viene sottoposto a una sorta di incantesimo, un gioco di ruolo che mescola e ricombina le identità tra chi comanda e chi segue, chi disperde e chi raccoglie. Si parte, dunque, per un tortuoso viaggio dell’eroe, fra creature magiche e scontri all’arma bianca. Il filo narrativo si assottiglia ma non si spezza, la trama procede per scene di gruppo in movimento dilatato ed echi di discorsi pronunciati altrove. Riuscirà l’introverso Dave a indossare l’armatura di cavaliere e a salvare la “Quest Fest”?
Vincitore ai prestigiosi Olivier Awards 2025 nella categoria Best New Dance Production, Assembly Hall sovrappone senza sosta danza e teatro, ne unisce e diluisce i linguaggi. Se il racconto, preso a sé, tratta di una faticosissima, luminosa presa di consapevolezza reciproca tra individuo e comunità – passano i secoli ma l’essere umano indossa ancora l’etichetta “zoon politikon” cucita da Aristotele – la messa in scena scava nel solco della disconnessione tra parola e corpo. Le voci, infatti, appartengono a tutt’altro cast (tra cui compare l’autore stesso, Jonathon Young); ogni personaggio è dunque attraversato da una piega tra chi “parla” e chi “fa”, e ogni performer agisce sul palco in lip-sync, sottolineando-si con grande enfasi per non indurre il pubblico in confusione. Che impresa!
Visto al Teatro Sociale di Trento, sabato 5 aprile 2025.
Pier Paolo Chini
Fotografia di Michael Slobodian