Intervista a Ludovico Van Baldari, autore de “Gli spacciatori di Porta di Massa”
Ho conosciuto Ludovico Van attraverso il suo progetto Vanlandia, con cui durante la pandemia ha disegnato mille e mila ritratti caricaturali di utenti Facebook fino a creare una vera e propria galleria virtuale. Grazie alla nostra costante amicizia fatta di stima e rispetto, ho avuto il piacere di leggere prima la bozza e poi la stesura completa del suo primo romanzo “Gli spacciatori di Porta di Massa” (qui la nostra recensione), che abbraccia gli ultimi e le loro vicende al limite del pittoresco, un libro che fa sognare con i suoi intrecci di storie, ma che ci riporterà presto con i piedi per terra, faccia a faccia con quella realtà che in questo caso è Napoli, ma può essere ogni luogo in qualsiasi momento. Quindi, visto che ne abbiamo la possibilità, chiediamo qualcosa al nostro Ludovico Van Baldari, in arte Ludovico Van.
Eccoci qui, con questo libro dalla copertina bellissima e decisamente rossa con una striscia bianca. Questi sono colori a te molto familiari, spiega, a chi non lo sa, il motivo; motivo che ci farà comprendere meglio anche la tua vicinanza con gli ultimi…
Questa copertina rivela: il rosso è un colore che non sta mai fermo, come il sangue, la passione, e la mia compassione spesso esasperata per chi sta ai margini, come se nascondesse un segreto e mi sentissi un prescelto.
Quindi, come abbiamo detto, i tuoi personaggi sono gli ultimi, gli emarginati sociali, magari analfabeti… invece, ogni tuo personaggio nasconde un elemento alto e letterario. Come definiresti e come vivi questo legame tra Aldo, Tonino, Teresa, Gennaro, Ciro, Giggino e la letteratura (senza dimenticarci della filosofia)?
Alda, Tonino, Teresa, Gennaro, Ciro, Giggino il tuttologo, sono pezzetti di tante anime che ho incontrato in diversi spartiti della mia vita, e li ho mascherati e truccati e fatti incontrare in un intreccio che è un ring surreale: l’amore, l’odio, l’amicizia, che si scambiano è la conseguenza del cortocircuito che devasta la mia anima e la mia creatività.
A chi di loro sei più legato?
Sono amori e risentimenti diversi, corde che suonano nello stesso pianoforte, e mi trascinano verso una parte di me. Senza Teresa non esisterebbe il romanzo e gli altri, ma forse Tonino è il mio preferito.
Lo sfondo del tuo romanzo è Napoli. Qual è il tuo rapporto con questa città e con la sua gente?
Napoli, o per meglio dire il suo centro storico, è il mio inferno e il mio paradiso: incontro dannati che hanno dimenticato la loro beatitudine, portatori di contraddizioni e d’amore. Nel quotidiano a Napoli c’è lo straordinario, tutto è esasperato, spesso patetico, eppure basta lasciarla qualche giorno e al ritorno senti una magia, un misticismo che quasi il puzzo di fritto scompare.
Nel tuo libro troviamo molti approfondimenti, come ad esempio tarocchi e nozioni esoteriche oppure un interessante tuffo nel mondo nipponico e, ancora, la poesia. Ma tu chi sei, chi è Ludovico Van e quali segrete arti ci nasconde? Scherzo ovviamente… la domanda vera è: da dove nascono questi svariati interessi e come “te ne prendi cura”?
Sì, sono un mago, uno stregone, un folle, mi piace leggere la mano alle donne se gli occhi non mi hanno detto tutto, e amo i kanji giapponesi che nascondono sempre qualche incastro sull’essere e lo stare al mondo.
Quale sarà il prossimo step di Ludovico Van Baldari?
Il prossimo step? Creare abbastanza vuoto dentro di me, per divorare il mondo che ho perso e ritrovarmi bambino.
Marianna Zito