Inaugurata a Napoli l’esposizione Collezione Bottega
È stata inaugurata venerdì 10 luglio, presso la Fondazione Made in Cloister, l’esposizione Collezione Bottega, progetto di Design Artigianale nato nel 2015, durante la fase di restauro del chiostro di Santa Caterina a Formiello, che raccoglie oggetti realizzati in serie limitate che uniscono la creatività contemporanea alla sapiente manifattura tradizionale, frutto dell’incontro tra artisti e designer internazionali con l’area e il vissuto di Porta Capuana e con gli artigiani campani. L’esposizione, che proseguirà per tutto il mese di settembre, accoglie le opere di artigianato realizzate dai principali artisti italiani e internazionali che hanno attraversato il chiostro e abitato con le loro opere lo spazio espositivo. Questi oggetti, frutto dell’incontro tra la visione e la cultura degli artisti che si sono avvicendati dal 2016 ad oggi e la tradizione artigiana campana, sono piccole opere d’arte ‘laterali’, che sono state collocate accanto alle esposizione principali e che in Bottega guadagnano ora nuova centralità grazie alla specifica prospettiva della collezione incentrata sull’incontro tra arte, artigianato e design.
Il percorso è introdotto da due vasi: Nausicaa (ceramica) di Mimmo Paladino e l’Alzata Napoletana (porcellana) di Marcello Panza. I vasi, diversi per materiale e forme, raccontano entrambi di un percorso di ricerca e apprendimento mutuale in cui l’artista non condivide con l’artigiano il solo progetto, ma si impegna a diventare egli stesso conoscitore intimo della materia. Ed è proprio la materia uno degli elementi fondamentali del linguaggio di Paladino, una materia, la terra, legata al territorio sia per origine sia per significato artistico. È il passaggio fisico e culturale del Sud Italia, pieno di frammenti più che di immagini definite. Per l’artista la scultura è un mezzo che amplia l’immaginario di sensazioni e di evocazione di mondi e di oniriche realtà. Il vaso infatti, oggetto di millenaria tradizione, è parte di una serie dedicata ai personaggi dell’Iliade e dell’Odissea con richiami formali irriverenti e giocosi, come il personaggio di Nausicaa. La cultura visiva di Paladino nasce da un’idea di stratificazione, con immagini figurative e non, talvolta anche decorative e minime.
L’Alzata Napoletana di Marcello Panza, realizzata con l’artigiano Pasquale de Palma, presenta un’architettura del fusto costruita con manici assemblati, ottenuti da calchi di manici antichi trovati o cercati nei mercatini. L’armonia è nel caos del groviglio. Ogni manico porta con sé la memoria del vissuto di chi lo ha toccato, oggetti ormai dismessi appartengono ad un tempo passato, sottratti all’oblio dall’artista. Nobilitati ed arricchiti, parlano il linguaggio dell’arte. L’esposizione continua con un dipinto inedito che l’artista Natee Utarit ha dedicato alla Fondazione, una “mappa” del centro storico di Napoli che come la collezione Bottega e, per esteso, la città di Napoli, è stratificazione di stili e visioni, di antico e moderno. L’opera infatti è ripresa da un’antica mappa del diciassettesimo secolo sulla quale l’artista innesta segni del passato (la grande figura greco romana che come un Cicerone indica il centro storico) e del presente (il landmark caratteristico di Google Maps che indica il Chiostro di Santa Caterina a Formiello).
Continua il racconto dell’artista thailandese, fra influenze passate e presenti, con la serie limitata dedicata al Tavatimsa, uno dei principali mondi che compongono la cosmologia buddista. Il lavoro svela la stratificazione più recente: quella dell’artista e delle sue radici orientali che si mescolano a quelle occidentali in un rapporto di reciproco arricchimento culturale. Le tre immagini infatti riprendono tre diverse antiche stampe ritrovate dall’artista presso un antiquario del centro storico di Napoli raffiguranti un’architettura rinascimentale nella quale vengono sapientemente inseriti i simboli della cultura buddista. Solitario sull’ultima parete del braccio il “Disinganno” acquaforte su rame di Nicola Samori. Il titolo fa esplicito riferimento all’omonima scultura in marmo di Francesco Queirolo conservata nella Cappella Sansevero di Napoli e raffigurante un uomo avvolto da una rete che cerca di liberarsi. Nell’incisione protagonista è il “Drummer” esposto nel cortile della Fondazione Made in Cloister, replicato senza piedistallo e coperto da un groviglio di filamenti robusti dai quali il corpo acefalo tenta di liberarsi. Il modello della scultura monumentale è stato infatti ritratto nel momento in cui i filamenti di pittura ad olio, staccati dai dipinti che nella mostra “Black Square” fronteggiano il “Drummer”, hanno iniziato ad accumularsi sul suo corpo. Un episodio del tutto casuale, fra gli innumerevoli che segnano i tempi del lavoro in studio, che ha suggerito l’analogia con il virtuosistico gruppo marmoreo napoletano. La profonda morsura del rame ha intensificato i neri, generando una fusione indistinguibile fra la ragnatela dei segni che generano l’immagine e quella dei segni/filamenti che la nascondono. A seguire un lungo passo indietro nella cronologia della produzione artistica Made in Cloister fino al suo esordio con la mostra site specific di Laurie Anderson “The Withness of the Body”. La serie di dipinti “Dream Drawings”, realizzati a Napoli, sono esposti proprio nel porticato dove l’artista nel 2016 ha voluto lasciare una traccia del suo “passaggio” realizzando un affresco contemporaneo.
Le opere rappresentano una specie di diario, un modo di sperimentare la pazzia e di osservare la propria mente, frasi e pensieri estrapolati dalla “mente-scimmia”, quella parte di pensiero che, come la scimmia, salta da una parte all’altra senza una meta. Le opere, inizialmente pensate per essere affisse, successivamente sono state trasformate e ricontestualizzate come un marciapiede per favorirne una migliore lettura all’interno dello spazio. I disegni rappresentano la relazione dell’artista con lo spazio, uno spazio che possiede una sua identità e con cui l’artista ha la necessità di dialogare. Nel caso di Laurie Anderson si è trattato di una relazione fisica con il Chiostro avvenuta dipingendo, scrivendo e toccando ogni parte dell’architettura. Questo legame tra artista e spazio diventa invece tematico con le opere di Liu Jianhua, esposte nell’area sottostante la lanterna borbonica. La serie Untitled 2018, è composta da 19 vasi in vetro riempiti con fiori in porcellana bisquit realizzati dalla scuola di Capodimonte e materiali vari che richiamano il territorio di Porta Capuana: frammenti di tufo, piperno, sabbia, cemento e chiodi. Materiali duri, da costruzione, che fanno da contrasto alla fragilità ed eleganza della porcellana che diventa simbolo dell’umanità che vive a Porta Capuana. Come in un ciclo interattivo, il racconto continua tra le arcate cieche del chiostro con la serie limitata Lady Day di Liu Jianhua che ritorna al tema della relazione artista-artigiano. La serie è composta da quattro monocromi in Porcellana con una tecnica che unisce la tradizione della settecentesca porcellana di Capodimonte con quella cinese risalente al VI secolo di Jingszhen. La relazione dunque è ancora reciproca, artista e artigiano scambiano le loro conoscenze, costruendo un’opera che affonda la sua bellezza nella fragilità.
Nell’ultimo porticato i piatti in Ceramica di Mimmo Paladino ed i tavoli Cenacolo, entrambi edizioni limitate della collezione Bottega Made in Cloister. Sanniti, Logobardi, Normanni Aragonesi, Borbone e Piemontesi. Una galleria dedicata al racconto del millenario accavallarsi di genti, tracce, strati e segni senza i quali sarebbe impossibile capire l’opera di Paladino. È da questo patchwork in epoche, stili, frammenti, tenerezze e cupio dissolvi che affiorano le sue invenzioni psicoanalitiche: la maschera, lo scudo, il cavallo, il dormiente, la porta e l’elmo.La collezione Bottega si conclude nel Refettorio con le incisioni di Harry Pearce che rappresentano la chiusura del ciclo, la serie di incisioni “Poetry in the Streets of Naples” rappresenta infatti la prima edizione limitata della collezione. Le opere nascono dalle foto che il Graphic Designer Harry Pearce ha scattato nel quartiere di Porta Capuana durante la creazione della visual identity della Fondazione. Attraverso la collaborazione con la stamperia di Vittorio Avella sono state create 10 diverse stampe, ciascuna in una tiratura da 10 pezzi, stampate con il torchio a stella. Le foto catturano il volto segreto e esposto di Napoli, tra graffiti, panni stesi e segnali che, attraverso la tecnica dell’acquaforte acquatinta, creano un’immagine vivida e allo stesso tempo nostalgica con segni indistinti e soffusi, come una pennellata.
Un’area del Refettorio è infine dedicata alla voce degli artigiani: 12 video realizzati dall’artista Nick Hand che raccontano 12 diverse botteghe artigianali napoletane: immagini e voci delle eccellenze che sopravvivono all’industrializzazione, la storia di una manualità guidata dalla passione.
10 luglio-30 settembre 2020
“Collezione Bottega” presso Fondazione Made in Cloister, Piazza Enrico De Nicola 48 Napoli