Ilaria Rossetti: le cose da salvare, le paure da lasciare
“Che cosa vuole salvare, rimanendo?”
Petra lo chiede a Gabriele, rimasto nel suo appartamento nella palazzina a ridosso del ponte di Genova crollato.
Ilaria Rossetti, in “Le cose da salvare” (Neri Pozza Editore, 201 pagine, euro 17) questo ci racconta: la storia, non reale, di chi sceglie di non abbandonare la propria casa dopo una recente tragedia; la storia, reale, del crollo del ponte di Genova, un fatto grave a cui la costruzione di una nuova struttura ha solo messo un cerotto, senza togliere la cicatrice.
Petra, tornata da Londra per stare vicino alla madre malata, si ritrova a lavorare per una testata di provincia, senza grossi stimoli e forse senza nemmeno grandi obiettivi. Fino a che il direttore le chiede di incontrare Gabriele Maestrale, il professore ormai in pensione che dopo il crollo del Ponte, decide di non lasciare la propria casa. Provano a fargli cambiare idea, ma poi è più facile lasciarlo stare. E Gabriele resta lì, in mezzo ai ricordi, tra i muri che hanno raccolto tutti i suoi pezzi di vita, aiutato da ragazzini che paga per avere bombole del gas, cibo, ricariche del telefono. L’incontro con Petra, almeno all’inizio, non è scorrevole: nessuno dei due capisce a che gli serva l’altro. Non è facile spiegare a un estraneo i motivi per cui si resta, quello che si vuole salvare, le decisioni che non si riescono a prendere. Gabriele e Petra si portano dietro altre storie: i genitori di Petra, Wanda, Ima e Jala. Ognuno con le sue cose da salvare, in una lotta a volte impari con i rimpianti, con quel che è stato e sarà dopo di noi. “È assurdo quanta vita c’è nelle nostre stanze”. E le stanze di cui ci racconta Rossetti sono quelle fisiche, ma anche quella della memoria.
Si può pensare a Gabriele e agli altri personaggi come a degli sconfitti, persone che hanno rinunciato, rassegnandosi. Ma è impossibile negare che sono tutti molto lucidi e coscienti, al punto da sapere bene che vita e verità si comportano “come la massa: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Anche nel dolore. Anche nella perdita. Anche nell’assenza. Gabriele non lascia la sua casa perché le cose da salvare sono troppe, non sa scegliere e si barrica dentro per non accumularne altre, per non complicarsi ancora i giorni. Ma come si fa? La vita è fatta di cose, tangibili e non, a volte fatte di niente, ma che si accumulano senza che nemmeno ce ne accorgiamo, in un flusso che non si può fermare.
Rossetti ci racconta una nostalgia che è anche la nostra. Ma, a discapito della tragedia da cui parte, non è un libro sulla tristezza. Piuttosto sulla paura e sulla possibilità o meno di perdonare. Si scrivono articoli, si dicono messe, si danno risarcimenti, si fanno discorsi politici.
Ma si possono veramente perdonare certe tragedie? E si può vivere pieni di paure?
“Sono abbastanza vecchio da aver capito che le cose di cui avere paura ce le scegliamo noi, con cura.” L’autrice mette in bocca a Gabriele queste parole, proprio a lui che, alla fine, capisce quello che tutti in fondo sappiamo, che la paura è una trappola della mente, e se ne libera finalmente.
Con una scrittura che a volte si fa poesia, Ilaria Rossetti ci accompagna in un bel racconto verso le cose da salvare.
“Le cose sbagliate/Le cose di passaggio/Le cose che si ameranno per sempre/Le cose in cui crediamo.”
Nessun posto per la paura.
Laura Franchi