IL VIAGGIO DI ECUBA al Teatro Elicantropo di Napoli
“Questa è l’unica epoca in cui i figli stanno peggio dei padri” generazione mille euro
“Scoprendo che il dolore non era la destinazione vera. Che tutto è folle ormai ma in questo sogno qui noi non moriamo più e non moriremo mai” Afterhours
“Ma n’albero senza sta terra dimm ch frutti che dà” Tarall&Wine
È un freddo venerdì sera, siamo nel cuore di Napoli, al Teatro Elicantropo, seconda fila, una posizione rassicurante ma non troppo, abbastanza vicino da guardare negli occhi la disperazione di una madre.
Si spengono le luci e il buio ci circonda, ci avvolge, ci accompagna. Il buio, non lo sappiamo ancora ma ci darà il tempo di quello che accade, come un regista silente dirigerà e condurrà la partita. Una musica, che ha dentro di se tutte le musiche del mondo, ci porterà tra le strade della mia città, ma potrebbe essere una qualunque metropoli, attraversando mari e terre desolate, pianure e montagne, confini e non confini.
Una madre vestita di rosso, una madonna con bambino e una barbona con il suo carrello, tutte in un’unica donna, saranno la nostra protagonista. La sua vita in una piccola gabbia a quattro ruote, giovani da accudire , gelsomini da innaffiare e storie da raccontare. Questa donna che abbiamo incontrato tante volte per le nostre strade, ma potrebbero essere le strade di una qualunque metropoli, sarà la nostra folle regina, solitaria nei suoi deliri, tra improvvise risate miste a lamenti,mai veramente sola perché accompagnata da personaggi muti, bambole di pezza direttamente dal nostro passato, come figli a ricordarci sempre chi siamo e da dove veniamo.
IL VIAGGIO DI ECUBA , di Gianni Guerdigli e con l’attenta regia di Francesco Branchetti, non racconta di vendette e tragedie, non racconta una storia dall’inizio alla fine né ci porta lontano, perché la Grecia di Euripide non è mai stata così attuale. Quello di Ecuba è un affresco fatto di pennellate veloci, schizzi di colore e rulli improvvisi di tamburi, come dei flash, delle sensazioni, pezzi di puzzle buttati li quasi a caso che non vanno a formare un quadro completo, finito, sistemato e rassicurante. Sono frammenti sparsi dove però riconosciamo ogni dettaglio, ogni colore, tutti i fondi e tutti i bordi della storia, uniti e divisi sulla scena di questo teatro nel cuore di Napoli.
Pastello ispirato al testo teatrale IL VIAGGIO DI ECUBA dell’artista napoletano Antonio Conte
Sappiamo di cosa stiamo parlando, perché lo viviamo tutti i giorni sulla nostra pelle, davanti ai nostri occhi , in televisione e per strada, quella stessa strada dove sembra vivere questa Ecuba contemporanea, dove abbiamo visto tante volte tante persone trascinare i loro bagagli, i loro frammenti di vita . Conosciamo Ecuba perché è la madre dei ragazzi fuori ai nostri negozi, ai semafori dei nostri incroci; è la madre dei bambini che arrivano senza sangue sulle nostre spiagge. Ecuba è la madre dei nostri amici costretti da crisi e situazioni precarie a lasciare le nostre città, la nostra patria in cerca di fortuna altrove. È negli occhi delle madri che aspettano, in quelli dei padri che ricaricano carte e mandano soldi. Ecuba sono le donne che puliscono le nostre case per dare un futuro ai figli lasciati. Ogni volta che ci sentiamo senza patria e senza origine, fuori dalla nostra città costretti per un futuro migliore, cittadini del mondo senza apparenti radici siamo Ecuba . Eppure questa madre disperata ci porta ad amare. Tutto si può fare, la follia porta all’amore e l’amore alla follia, non importa. Quando però capiamo che siamo tutti esuli senza casa nello straniero possiamo vedere noi stessi e i nostri figli possono diventare figli di tutti e il futuro una questione comune. Possiamo ancora innaffiare tutti insieme le nostre radici.
All’improvviso si spengono le luci, il buio ancora una volta ci avvolge e ci travolge. La musica di Pino Cangialosi ci accompagna. Isabella Giannone va e viene in un oceano di applausi, infiniti. Le luci si accendono e noi siamo fuori dal teatro. Non più in Grecia, non più in riva al mare. Di nuovo tra le strade di Napoli nel cuore della città, ma potrebbe essere una qualunque metropoli, stranieri tra stranieri. cittadini tra i cittadini, figli tra i figli. Con un sorriso in più.
Antonio Conte