Il giovane orizzonte di Diego Pleuteri: un secondo promettente testo in scena a Torino

Di intimo c’è rimasto solo…
Cosa? Cos’è rimasto?
Una madre fruga fra gli scatoloni alla ricerca del finale di una frase in un articolo di giornale. Il figlio, ormai grande, non vive più con lei, e la va a trovare. Discutono, rimestano insieme. Dove vanno a finire gli oggetti che spariscono? Gli accendini, per esempio. E quante volte apri un libro e ci trovi dentro diecimila lire? La differenza fra citofono e telefono? Al citofono non puoi mentire su chi sei. Denunciano la banalità delle famiglie infelici a modo loro, quelle di Tolstoj. Lei è molto vagolante: arrivi all’improvviso, gli dice con veemenza, e lo so che sono io che mi sono dimenticata che ti ho detto di venire ma un po’, visto che mi sono dimenticata, è come se non mi avessi avvertita… Lei ha l’impressione di sprecare le sue giornate, poiché le dimentica – …ma cosa ho pensato tutto il giorno? Lui si lamenta delle blatte nel suo appartamento, e le blatte arrivano pure lì. Parlano di tante cose affastellate e disordinate e sembrano, a primo acchito, crogiolarsi nei propri blocchi. Il richiamo della parola scordata, quella alla fine di una frase – Di intimo c’è rimasto solo… – per lei è irrinunciabile, ma presto coinvolge anche lui. Sboccia un’ereditarietà delle sofferenze, l’angoscia di lei incombe su di lui e poi lo avviluppa mentre le luci stroboscopiche si schiantano con freddo fervore sulle retine del pubblico. Si contraddicono, inveiscono quasi, ma con uno strano amore un po’ spettrale che li porta a sostenere infine tesi simili. Come quando scopriamo che il figlio si è sempre nascosto per fumare e lei verso la fine gliene chiede una.
Madri è il secondo lavoro, tanto toccante quanto agrodolce, di Diego Pleuteri; edito da Sui Generis, Premio Eurodram 2022 e menzione speciale al Premio InediTo 2020. La regia è di Alice Sinigaglia, mentre sul palco ci sono l’incredibile Valentina Picello e Vito Vicino, anche lui molto intenso. La scena è di Alessandro Ratti e consta di qualche scatolone, due leggii, una poltrona, forse un paio di sedie, e un microfono. Le luci sono state curate da Luca Scotton mentre Federica Furlani si è occupata del sound design. Madri è stato al Teatro Gobetti di Torino dal 18 al 23 febbraio, in uno spazio un po’ sacrificato: la Sala Colonne, ora Sala Pasolini; il che tuttavia ha ricreato il giusto senso di claustrofobia della mente, come se la testa della madre, del figlio, ma anche le nostre teste fossero troppo piccole per accogliere tutto quel pensare.
La scrittura di Pleuteri è stata ampiamente recensita e in generale acclamata, ed è giusto così. Si potrebbero scrivere altri complimenti ma in verità il testo si spiega da sé, con tutti gli eccessi e il grottesco e il non-sense che ha più senso di tutto il resto, e altresì con quei suggerimenti terribili sulla vera natura di questi due personaggi, e sul perché sono costretti a ripercorrere il passato per poter tollerare il presente. Senza dubbio grazie all’intesa con Sinigaglia, il colloquio pare fiorire sulle macerie di una tragedia opacizzata. Lo spettatore cercherà di collegare i punti, gli argomenti, le incoerenze; e per farlo bisogna innanzitutto lasciarsi travolgere dalla poesia della solitudine. Qui non scriveremo il finale perduto della frase incriminata, che alla fine dello spettacolo viene rivelata, ma (sperando di fare cosa gradita e opportuna) possiamo invitarvi a leggere Il mercato dell’intimità, di Umberto Galimberti.
Davide Maria Azzarello