“Con la carabina”: quando una ferita troppo grande porta a farsi giustizia da soli

“Dicono che il sangue ha il sapore del metallo…”
Una donna e un uomo, ma anche una ragazzina e un giovane studente universitario, seduti a un tavolo dove troneggia una ruota panoramica giocattolo, illuminata da luci colorate, e in sottofondo una musichetta natalizia che si ripete in loop, come un carillon. Lei ha in mano un lecca lecca, ogni tanto lo succhia, e guarda verso il pubblico, lui è seduto al tavolo con aria svogliata, immerso nei suoi pensieri. Entrambi sono molto, molto vicini alla prima fila di spettatori, tanto che sembra di stare in scena insieme a loro, e forse, in qualche modo, lo si è, grazie alla Sala 3 del Teatro Franco Parenti di Milano che è perfetta per ridurre al minimo la distanza tra artisti e pubblico.
L’atmosfera, mentre si osserva la scena, è un po’ inquietante, forse per via della musichetta natalizia, che nel suo continuo loop sembra adattarsi meglio a un film horror… o forse per via degli sguardi penetranti e dei piccoli gesti che emergono tra i due non appena inizia lo spettacolo. Tra di loro c’è qualcosa, un collegamento, un filo rosso sangue. “Con la carabina”, di Pauline Peyrade, è la storia di una violenza che colpisce senza pietà e che a sua volta viene colpita in modo ancora più atroce.
Non servono nomi per i due personaggi, basta sapere che lei è una ragazzina di 11 anni, che è andata al parco giochi di sera per giocare al tiro a segno, con la carabina appunto. E lui è un amico del fratello maggiore di lei, che dice di doverla tenere d’occhio, perché potrebbe essere pericoloso stare in giro da sola di sera. Lei si diverte a tirare e desidera vincere il coniglio di peluche, lui la prende in giro, ma allo stesso tempo la osserva e la stuzzica, un po’ la aiuta, fino a quando… succede qualcosa di imprevisto e da quel momento niente sarà più come prima. Per lei. Lui non sembra capire la gravità dell’accaduto, lei invece è rimasta lacerata nel profondo… ancora di più quando, in tribunale, quello che ha subito non viene ritenuta violenza, ma consenso. Quella ragazzina undicenne non capiva, non sapeva, aveva paura, ma quello stato di confusione, che non le ha permesso di respingere con fermezza, è stato usato contro di lei, ed è il colpo di grazia. La ferita si fa col tempo più profonda, brucia, e lei ha sete di vendetta, che avrà modo di soddisfare facendo emergere un lato spaventoso, crudele, feroce.
“Sai come si chiama il buco nero in fondo alla canna? ANIMA”
Il testo di “Con la carabina”, ispirato da un fatto di cronaca, è una storia in cui la violenza viene uccisa da una violenza ancora più acuta, in cui non c’è scampo, non c’è perdono. La regia di Licia Lanera è essenziale e tagliente, dal primo istante fino alla fine, l’attenzione rimane vivida e anche le luci aiutano a creare un ambiente da cui non si può fuggire. I due attori Danilo Giuva e Ermelinda Nasuto, regalano un’interpretazione intensa e ammaliante, che rimane impressa e accompagna gli spettatori anche dopo l’uscita.
Vincitore di due Premi UBU nel 2022, per miglior regia e miglior testo straniero / scrittura drammaturgica (messi in scena da compagnie o artisti italiani) “Con la carabina” colpisce nel profondo, e non è per i cuori sensibili. Fino a dove si può spingere la rabbia? Davvero le ferite provocate dalla violenza possono trovare sollievo solo da altra violenza?
In scena al Teatro Franco Parenti di Milano dal 3 al 12 febbraio 2025.
Roberta Usardi
Fotografia di Manuela Giusto