Applausi per Ottavia Piccolo in “Matteotti (Anatomia di un fascismo)”

Dove cadono le parole, quando paura e violenza si intrufolano come insetti pronubi nei discorsi? Cosa scatta nell’animo, se la sopraffazione viene sparsa come polline sull’esistenza quotidiana?
Con Matteotti (Anatomia di un fascismo) Stefano Massini torna a scandagliare il Novecento, delineandone le creature e le ombre che esse proiettano, pur senza scadere in paragoni ingenui con l’attualità. Attraverso la figura di Giacomo Matteotti (deputato del Regno d’Italia, non “parlamentare della Repubblica” come talvolta riportato, sic!) possiamo osservare da vicino una democrazia di cent’anni fa: imperfetta, lacerata da mille contraddizioni, ma coraggiosamente difesa da pochi a costo della vita, ed infine vilmente lasciata agonizzare dai più.
L’allestimento, per la regia di Sandra Mangini, vede una bravissima Ottavia Piccolo attorniata da I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. La narrazione, che ha inevitabilmente il suo fulcro nella data del 10 giugno 1924, non procede in modo lineare bensì per sporgenze e rientranze. Non una cronaca, ma una panoramica: cosa pensavano gli italiani prima, durante e dopo il delitto, nelle settimane intercorse tra il sequestro e il ritrovamento del cadavere.
Si dà innanzitutto una biforcazione di tipo geografico: la vita di Matteotti è infatti una corda tesa tra il Polesine, sua tormentata terra d’origine (dove peraltro fu già vittima di aggressioni da parte dei fascisti) e la capitale. Una ulteriore, e più sottile, biforcazione è di matrice sociale: Giacomo Matteotti versus Italo Balbo, entrambi deputati di estrazione borghese, ma il primo si è fatto le ossa e guadagnato il soprannome “Tempesta” difendendo strenuamente gli interessi dei braccianti contro i possidenti, mentre il secondo, ribattezzato “Contessino” per le sue incessanti smanie di aristocrazia, sarà massone, fascista della prima ora, quadrumviro della marcia su Roma (e non solo). Due volti di una stessa classe, destinati a incontrarsi e scontrarsi a più riprese.
Ottavia Piccolo, che con questo spettacolo corona un sodalizio artistico ventennale con Massini, è indiscussa padrona della scena: dal contabile in cerca di lavoro che per superare i colloqui si guarda bene dall’avere “idee in testa”, alla vedova Velia che (con esplicita licenza poetica) inchioda il presidente del consiglio alle sue responsabilità, al ragazzino che ha visto con i propri occhi l’automobile di lusso su cui l’onorevole Matteotti è stato rapito e ucciso, ogni monologo ha un respiro preciso e vibrante. Meno convincente, nel complesso, l’amalgama con i brani composti da Enrico Fink e con gli interventi di video-scenografia sul fondale.
Restiamo sinceramente in attesa di una lettura il più possibile “nuda” dell’epistolario tra Giacomo e Velia, che tanto avrebbe da insegnare come antidoto a ogni fascismo, passato e presente.
Visto al Teatro Comunale di Pergine, mercoledì 19 febbraio 2025.
Pier Paolo Chini